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CONFERENZA
"La vita spirituale cuore della vita pastorale"

di Mons. Guido Mazzotta (6 febbraio 2002)

Testo ricavato dalla registrazione della conferenza di Mons. G. Mazzotta in occasione del XX della morte di mons. Ugo de Blasi nella Basilica del Rosario il 6 febbraio 2002

La mia conoscenza di Don Ugo de Blasi nasce dalla lettura del volume “Sacerdos in aeternum” che raccoglie le testimonianze.
Ho voluto leggere anzitutto questo libro, per vedere la risonanza spirituale che aveva suscitato, la fecondità spirituale del suo sacerdozio; capire come gli altri lo vedevano, cosa ne hanno tratto, quale scintilla hanno preso dalla sua vita, dal suo fuoco interiore.
Poi, mi sono inoltrato nel volume creato da Lilia Fiorillo, "Radici Profonde", il quale, devo dire, mi ha insegnato moltissimo e mi ha intrigato molto.
Mi è sembrato quasi di entrare, seppur con discrezione, in punta di piedi, nel santuario della coscienza, del sacerdozio, nel cuore sacerdotale di Don Ugo.
Io spero che verrà presto alla luce la raccolta integrale di tutti i suoi scritti inediti, ordinati cronologicamente, per cogliere il senso della sua passione spirituale, del suo cammino. torna su

La curatrice in questo volume ha curato la raccolta tematica. Questo porta, in qualche misura, ad uno schema artificioso del cammino di una vita. Occorre, invece, vedere cosa scrive quando è in seminario, giovane di liceo, quando accede agli Ordini minori, all’ordine del Diaconato, quando é sacerdote, e poi, via via, tutti gli scritti. Soprattutto quel poema costituito dalle innumerevoli omelie per il 25° dei sacerdoti, bellissime, come gli articoli formativi che scrive nell'immediato dopoguerra per l'Azione Cattolica. Sono piccoli articoli, ma deliziosi. Ebbene, qual'è stata la prima impressione che ne ho riscontrato, basandomi sui quindici anni di esperienza che ho come consultore alla Congregazione per le cause dei Santi, e con più di 100 casi esaminati? Basandomi su questa esperienza, ho colto subito questo tratto della personalità umana di Don Ugo De Blasi. Era una persona risoluta, unificata interiormente, e non c'erano in lui ambiguità, fratture, contrapposizioni,contrasti. Era un uomo totalmente identificato con il suo ministero. Appare chiarissimo questo tratto, che è estremamente importante. torna su


Gran parte della nostra infelicità, oggi, nasce dal fatto che curiamo poco il compito affidato a ciascuno di noi, di unificare la propria esistenza, in modo che non ci sia contrasto tra intelligenza e volontà da una parte, e sensibilità dall'altra, tra la propria vocazione e la propria missione, tra i propri sogni e quello che si riesce a realizzare. Don Ugo De Blasi è totalmente identificato in una persona, potremmo dire, umanamente felice, perché totalmente identificata con la persona del suo ministero.
Il titolo della conversazione, "La vita spirituale cuore della vita pastorale", bellissimo titolo, farebbe pensare che tra vita spirituale e vita pastorale ci possa essere una diversità, una divaricazione, sia pure riconoscendo alla vita spirituale un ruolo: quello di essere il fondamento, cuore, centro della vita pastorale.
Invece per don Ugo De Blasi mi è parso di cogliere l’identificazione tra la vita spirituale e la vita pastorale. Permettetemi
un brevissimo prologo di tipo teologico-catechetico: vita spirituale e vita pastorale si intrecciano in linee di principio, anzi si fondono, si identificano. torna su

La teologiadistingue, nella vita di fede, due aspetti: con il linguaggio latino si dice: "fides quae creditur", (la fede a cui si crede), e la "fides qua creditur", (la fede con la quale si crede), e cioè l'atteggiamento credente, di affidamento, di dono, di abbandono con cui ci si apre a Cristo Gesù. Dunque il contenuto della fede è la storia di Gesù Cristo, la persona di Gesù Cristo.
Una delle formule più antiche della fede cristiana è "Gesù è il Signore." Questa verità fondamentale si articola in una preghiera che ripetiamo ogni Domenica a Messa, il “Credo”, la cui formula "credo" condensa tutto: Gesù è il Signore. Il contenuto della fede è Gesù Cristo, la persona di Gesù Cristo. E che cos'è la fede, invece, come atteggiamento, come adesione a questo contenuto? E’ l'appropriazione personale, soggettiva, della Verità che è Gesù Cristo. torna su


Questa è la fede come atteggiamento spirituale; questa è la fede come adesione personale e profonda. Ebbene, questa adesione personale al contenuto della fede, alla storia e alla persona di Gesù di Nazareth, si realizza in due grandi dimensioni della vita cristiana: la dimensione individuale e la dimensione comunitaria. La prima è precisamente la vita spirituale, la vita condotta sotto la guida dello Spirito. E che cos'è la vita spirituale? E’ la vita di chi crede in Gesù Cristo, di chi aderisce a Lui, vive come Lui, interpreta la vita come la interpreta Lui. E che cos'è la vita pastorale? È la Chiesa, la comunità di discepoli, che si modellano in Gesù Cristo e vogliono vivere su questa terra il lavoro, la politica, l'amore, e tutte le dimensioni fondamentali della vita quotidiana, così come le ha vissute Gesù. Dunque, sia la vita spirituale che la vita pastorale alludono alla appropriazione personale e soggettiva del contenuto della fede, che é Gesù Signore. La vita spirituale è il cammino del singolo credente che si appropria di Gesù Cristo, che diventa come Gesù Cristo; e la vita pastorale è il farsi comunità dei cristiani, cioè comunità di persone che aderiscono a Gesù di Nazareth e vogliono vivere come Lui.
Dentro questa fondamentale intuizione, secondo la quale vita pastorale e vita spirituale coincidono, va letta, a mio avviso, la vicenda umana e sacerdotale di Don Ugo De Blasi. torna su

C'é una frase storica, che io vorrei brevemente commentare; (è questo il senso di tutta la riflessione per cui questa sera sono qui). La scrive nel 1981, un anno prima di morire: "La vita di un prete si giustifica solo sulla base di un amore profondo ed espansivo per Gesù Cristo". Un amore incontenibile che diventa annuncio, testimonianza, servizio, sostenuto dalla fondamentale intuizione che (vedete qui la vita spirituale diventa subito vita pastorale) l'amore è incontenibile.
Quest'incontenibilità dell'amore è la vita pastorale, che è stata la passione sacerdotale di Don Ugo, fondamentale intuizione che fa nascere e crescere, nell'uomo, la pienezza della vita del Figlio di Dio.
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Brevissimamente cerchiamo di mettere a fuoco i contenuti, i due grandi momenti di questa mia riflessione, perché poi voglio concludere con un'icona, che allude alla spiritualità del Getsemani, via privilegiata per entrare nel profondo dell'esperienza sacerdotale di De Blasi.

E’ anzitutto Gesù il contenuto della fede, quest'amore profondo e incontenibile, non una vaga credenza; è il misurarsi con la persona, con un nome proprio, Gesù Cristo, e quindi con la sua storia terrena, umana: Gesù di Nazareth, questo piccolo segreto della storia umana, Gesù, proprio quell'uomo nato da Maria di Nazareth, Gesù, che è il Cristo, cioè l'Unto, il Messia, il senso profondo di tutta la vicenda umana, di tutta la storia umana, del cosmo. Questo è il senso profondo della fede cristiana, un brandello della storia, Gesù di Nazareth, che diventa il senso di tutto, e non solo della nostra vicenda personale, ma della vicenda dei popoli, persino del cosmo e della galassia delle galassie. Mi veniva da pensare questo, mentre leggevo i testi di De Blasi e soprattutto quello scritto alla vigilia del sacerdozio: "Schema di Regolamento di Vita Sacerdotale", lì emerge che il suo sacerdozio consiste nell'avere una fisionomia “cristocentrica”. Qui, il legame con la persona di Gesù, non con le norme morali. La persona di Gesù Cristo va contemplata e pregata, e i tratti della sua fisionomia vanno rintracciati nel Vangelo, perché soltanto così, mettendosi quasi come Maria di Betania, ai piedi del Signore, guardando come si muove, come parla, come sorride, come si riposa, come tratta gli amici, come soffre, come piange, come guarisce i malati, come tratta con i traditori, soltanto così, si resta imbevuti di Lui, o, come direbbe Paolo, soltanto così si impara Gesù Cristo.

Quando ho letto "Questo amore profondo, incontenibile," ho pensato a quel pianto dirotto di Maria di Magdala, la mattina di Pasqua, nel giardino degli Ulivi, perché quel pianto fa capire il legame profondo, affettivo, sanguigno, di Maria di Magdala verso Gesù. Ella dice: “Si accorgeranno che sono discepola di Gesù, e che cosa mi possono fare? Mettermi in galera! E da cosa devo salvarmi, se ho perso l'amato dell'anima mia? Non c'è più niente da salvare”. Gli apostoli, invece, pensano che ci sia ancora qualcosa da salvare, e si chiudono, si barricano in casa. torna su

Ma perché bisogna avere questo legame con la persona di Gesù, perché bisogna dare al proprio sacerdozio una fisionomia cristocentrica, come scriveva il Diacono Ugo De Blasi, alla vigilia dell'ordinazione sacerdotale? Perché soltanto Gesù ci dona lo Spirito, e perché solo Lui, come direbbe San Giovanni Battista, ci battezza in Spirito Santo e fuoco. Questa frase significa che il Battesimo, cari amici, non è un rito lustrale, non è un rito di purificazione.
Molte altre religioni hanno dei riti di purificazione; per esempio, gli induisti si bagnano, scendendo nel Gange.
Il Battesimo non è un lavarsi l'anima, no! Ma il Battesimo è un'altra cosa; il Cristianesimo è tutt'altra cosa. Non propone un bagno di rinnovamento morale, una pulizia della propria coscienza, dei propri comportamenti, delle proprie scelte. E’ infinitamente di più.
Il Battesimo cristiano è quel gesto, quell'atto misterioso, quell'evento straordinario che si verifica come quando in una donna si rompono le acque. Ma che significa che si rompono le acque? Le acque del grembo di una madre sono l'ambito della vita. Quello che accade nel Battesimo, per il cristiano, è precisamente una nuova nascita, non un bagno di purificazione: nasce una creatura nuova, un altro Gesù Cristo. Bisogna diventare Cristiformi, diceva Don Ugo De Blasi. torna su

La fisionomia cristocentrica del suo sacerdozio sta in questo: essere un altro Cristo. E Cristo chi è? È’ il figlio di Dio. E il battezzato chi è? È il figlio di Dio. Allora, voi capite che qui c'è una rigenerazione di tutta la vita cristiana, c'è una diversa percezione della vita cristiana, diversa da quella che noi comunemente abbiamo, e da quella che noi continuamente offriamo al mondo. E, diciamolo pure, l'immagine che offriamo della vita cristiana al mondo è anche qualcosa di estremamente banale.
Noi pensiamo che possiamo avere un buon rapporto con Dio, col Padreterno, cerchiamo, di tenercelo buono. Lui, invece, ci dà infinitamente di più: ci dà la figliolanza divina. Ecco perché è necessario, per ogni uomo che è sulla terra, incontrare Gesù Cristo, incontrarlo personalmente, per intercettare l'alito della Sua bocca, ossia lo Spirito che ci divinizza, lo Spirito che ci fa conformi a sé e Lui, da figlio Unigenito diventa Figlio Primogenito tra molti fratelli. La figliolanza divina è il centro vitale, dentro cui si dispone la vocazione e la vita di ognuno di noi: il matrimonio, il lavoro, l'impegno politico e sociale, l'impegno professionale tutto diventa divinizzato e divinizzabile. E’ qualcosa di straordinario, fratelli e sorelle. torna su
Questo è il Cristianesimo.
Purtroppo sentiamo parlare sempre meno della grazia santificante, della figliolanza divina. Pensiamo che il Cristianesimo sia una delle tante religioni del mondo. No e no! È la strada della divinizzazione, è il dono della figliolanza divina. Dio non solo mi è amico, mi è anche Padre, perché Dio mi dona il suo Spirito e mi fa diventare come Gesù Cristo.
È questa la fisionomia cristocentrica del sacerdote, e della vita cristiana. La morale è importante, ma viene dopo, come dispiegamento della nostra vita divinizzata, perché solo allora capisco che anche l'amore coniugale è un cammino divino sulla terra, e che ogni attività che facciamo, anche quella che può sembrare la più profana, diventa luogo, momento e occasione autentica di santificazione. Il rapporto personale con Gesù Cristo è il primo tratto decisivo, per entrare dentro la Trinità, nella posizione di figlio. Ciascuno di noi può dire di se stesso, in virtù del Battesimo: “Io sono un altro Cristo,sono figlio di Dio.” torna su

Allora voi capite che cos'è la vita pastorale e come l’ ha vissuta don Ugo De Blasi. L'ha vissuta come vita spirituale, (è stata detta dal Vescovo molto bene durante l'omelia), come totale coinvolgimento dentro quel nodo tipico che è la formazione: formatore di laici nell'Azione Cattolica, formatore di preti, padre spirituale nel Seminario. Dedica tutta la sua vita a far maturare dentro le persone che incontra, e in quelle che gli sono affidate, fa maturare la consapevolezza di essere come Gesù Cristo, sia nel sacerdozio, che nella vita laicale.
Proprio qui si rivela il fine ed il contenuto della vita pastorale: fare incontrare le persone Gesù Cristo, fare incontrare le singole coscienze con la persona di Gesù..
Quando, nel Battesimo, ci è stata fatta l'interrogazione sulla fede, qualcuno ha risposto a nostro nome, perché noi eravamo troppo bambini per farlo. Alla domanda "Credi tu?", non si risponde "Crediamo", l'atto di fede non è un atto di massa. Gli altri possono pregare per la mia fede, mi possono confortare nella mia fede, ma non possono sostituirmi. Nessuno può credere al mio posto. Questo significa, cari amici, che la fede cristiana è un evento totalmente personale, nel senso che è anche personalizzato. E mi colpisce sempre, anzi mi commuove vedere nei Vangeli, che Gesù, quando chiama, fa staccare le persone dalla massa per andare verso di Lui. I discepoli devono allontanarsi dalla folla, uscire dall'anonimato, dalla massa, per avvicinarsi a Lui. Gesù insegna, e proclama la felicità di chi vive come Lui. Capite allora che, se questo è il punto decisivo, nella vita e nel ministero di Don Ugo De Blasi, diventa centrale il tema e l'esperienza della vocazione.
Il 15 ottobre 1977, quando era parroco, notò che in parrocchia non c'era una casa dove ci fosse una vocazione. In quel momento capì che doveva lavorare per questo. Infatti, la vita pastorale, cari amici, è in primo luogo aiutare le persone a incontrarsi con Gesù Cristo e, incontrandolo, trovare la propria collocazione nella Chiesa e nel mondo.
Entriamo nella vocazione. La pastorale giovanile che cos'è? È la pastorale dell'educazione; questo è l'insegnamento che ci viene da Don Ugo De Blasi. Una pastorale giovanile che non aiuta i giovani, i ragazzi e le ragazze, a trovare la propria collocazione nella Chiesa e nel mondo, è una pastorale giovanile che non serve a nulla. Chiedo scusa se vi sembro così deciso, ma questa è la lezione che emerge da una vita tutta giocata sulla scommessa della formazione, come la vita di Don Ugo De Blasi. E, badate bene, questo significa anche trovare la spiritualità tipica dell'apostolo, che è quella del Battista, di Paolo, di colui che porta le persone a Gesù Cristo, ma prima si accende il fuoco dell'incontro nella sua coscienza. torna su

Il Battista si autodefiniva “l'amico dello sposo”,colui che preparava le nozze, l'incontro tra una coscienza e Gesù. Ma, appena l'incontro accade, l'amico si ritira, sta fuori dalla porta nuziale, dove avvengono i misteri divini dei rapporti interpersonali tra Dio e l'anima. Anche Paolo dice "io vi ho preparato come una sposa", "io non aspetto altro, lavoro per questo, non per legarvi a me, ma per legarvi alla persona di Gesù Cristo". È questa la spiritualità dell'apostolo, la spiritualità del Pastore. Non é uno che vuole manomettere le coscienze, o che vuole governarle e dirigerle. No; è uno che aiuta, predispone tutto per l'incontro, e quando l'incontro accade, si ritira. E conosce in questo la sua gioia, perché c'è una gioia nell'amico dello sposo che non si riesce nemmeno a immaginare. Ad un sacerdote è dato qualche volta di provare questa gioia: quando aiuta a trovare la perla preziosa, il tesoro nascosto nel campo. Una volta trovato, hanno venduto tutto, e lasciato tutto, con gioia. Non si rinuncia a qualcosa, ma si trova qualcosa che è infinitamente di più. Questa percezione della vocazione come tesoro della vita é un dato che emerge continuamente negli scritti di Don Ugo De Blasi. torna su

Tra gli innumerevoli discorsi per i venticinquesimi di sacerdozio, varie volte mi sono imbattuto su questa definizione che lui dava dei preti. Don….. (diceva un nome), 25 anni di sacerdozio, 25 anni di solitudine.
Mi affido ad una sorta di icona conclusiva dell'esistenza di Don Ugo De Blasi: quella di Gesù nel Getsemani. Effettivamente, c'è qui tutta una solitudine che per Lui era una dimensione essenziale del suo essere sacerdote. Lo immagino molto solo, in Chiesa, lì, mentre, dopo aver celebrato il Mattutino e le Lodi, dinanzi all'immagine del Rosario, lui solo con Dio e con un sorriso meraviglioso. Questa è la morte di Don Ugo. D'altra parte, egli l'aveva scritto, l'antivigilia di quel primo venerdì di novembre, giorno di tutti i Santi del '40. Il 30 Ottobre, mentre faceva gli esercizi spirituali, scriveva queste parole: "Voglio passare un'ora ai piedi dell'Altare, almeno dalle 23 alle 24, per assecondare il desiderio di Gesù all'ombra del Getsemani.” Aveva intuito la centralità del mistero del Getsemani che, appunto, vede Gesù in quel colloquio drammatico col Padre. È la solitudine di Gesù, quando tutti lo lasciano solo, (i discepoli sono gravati dal sonno). Ecco, qui mi ha fatto capire la solitudine, che tocca e modella l'esperienza sacerdotale. torna su

Dei sacerdoti dice sempre così: "venticinque anni di solitudine", "cinquant'anni di solitudine". Appare una solitudine esteriore, ma non è una solitudine disabitata, vuota; anzi, essa è abitata da un dialogo personale, intimo, tra l'anima e il Padre. Sapete com'è commentato questo episodio, questo mistero della vita di Gesù, nella lettera gli Ebrei, al capitolo V? “ Gesù, nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Colui che poteva liberarlo dalla morte, e fu esaudito per la sua pietà. Pur essendo figlio, imparò l'obbedienza dalle cose che patì….” Che cosa diceva, che cosa pregava? "Allontana da me questo calice". La pietà è quella virtù che gli antichi Romani avevano individuato in un blocco marmoreo di un eroe di Troia, che, fuggendo dalla città messa a ferro e fuoco e distrutta, prende il padre sulle sue spalle, Anchise, e lo porta via. Questo è Enea, l'uomo esempio di pietà; è colui che prende il padre, se lo mette sulle spalle e lo porta. Il padre è la legge, il fondamento, la norma. Il figlio che vive la norma aderisce consapevolmente al disegno del Padre, al progetto del Padre. Tutta la teologia cristiana è impostata su Cristo; "non hai voluto sacrifici e oblazioni, mi hai dato un corpo. Ecco io vengo per fare la tua volontà". torna su

La santità sta dentro il colloquio che si intreccia tra la grazia di Dio e la libertà della persona. Per Don Ugo, “ ciascuno di noi ha la sua Croce, il disegno di Dio.” Noi tutti siamo chiamati ad essere figli, anzi per grazia di Dio, nel Battesimo, siamo stati costituiti Suoi figli. Gesù è il donatore di questa figliolanza divina. Il matrimonio è una grazia, nel momento in cui ci si dimentica di ciò, lo si rovina.
L’uomo o la donna, che il Signore ci ha messo accanto, è il dono di Dio per noi. Nel momento in cui si perde questa percezione, si perde il carattere di grazia del matrimonio, che diventa il sepolcro dell'amore. Il tuo matrimonio è vocazione. Se tu vuoi vivere la pietà, devi vivere fino in fondo il mistero del Getsemani. torna su

E la stessa cosa vale per te, cara sorella consacrata, vale per me che sono prete, e benedico i fratelli sacerdoti. Io non posso avere invidia di coloro che sono sposati, perché la mia vocazione, e quindi il raggiungimento della mia personale felicità, passa attraverso l'intimo completamento del sacerdozio. E se qualcuno si facesse prete senza essere chiamato, farebbe il più grande errore della sua vita, così come, se qualcuno si sposasse senza essere chiamato, infeliciterebbe se stesso e la persona che gli sta accanto. Se ognuno di noi vivesse ogni giorno con la consapevolezza della figliolanza, non ci sarebbe più nulla al mondo che ci potrebbe incutere paura. Questo mi pare di leggere nella vicenda umana e sacerdotale di Ugo De Blasi. Per questo motivo, nella persona di Don Ugo c'è il Santo. Spero che vi diate da fare e che lo stiate facendo già soprattutto per mettere in luce il grande significato apostolico e sacerdotale della sua vita. Grazie.

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