Testimonianza di Carmine Cecere

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“Ora del Salento”, n.6 del 17 febbario 2001 (pag.5)
La testimonianza del magistrato Carmine Cecere nella Basilica del Rosario nel febbraio del ’92

Il magistero di don Ugo

La sua passione per i più piccoli, per gli ultimi…
La storia della Chiesa leccese non potrà essere scritta compiutamente senza ricorrere al magistero di don Ugo.

Il segreto prezioso del suo magistero: il suo stile, il suo modo di insegnare, di indicare linee di sviluppo, far brillare idee, non imporre progetti definiti fin negli ultimi dettagli, far crescere nella responsabilità, nel rispetto profondo dell’interlocutore, del destinatario del suo magistero, convinzione della irripetibile originalità di ciascuna creatura, delicatezza somma.

C’è in lui una umanità compiuta, non compresa, non disprezzata; una umanità immersa nella realtà meravigliosa del creato, dalla quale egli attinge nuove immagini e figure per presentare la difficoltà dell’ascesa del cristiano verso la perfezione.

La sua passione per i “più piccoli” (evangelicamente), per gli “ultimi”; la sua preoccupazione di sminuzzare il pane della verità perché da tutti possa essere gustato.
Animo sensibile e poetico.

Compresi negli anni cinquanta quello che chiedeva all’A.C., come meglio avrei visto dieci anni più tardi quando nel 1960 mi ritrovai, Presidente della Giunta diocesana, al fianco di lui, Delegato vescovile per l’A.C..

Lo avevo già incontrato in Giunta nel corso di quei dieci anni perché era Assistente diocesano della G.F. ed io responsabile del Movimento Laureati; ma proprio con riferimento a quel periodo ho, in particolare, un ricordo di lui che non posso tacere perché sta a dire della sua profonda cultura e della sua incondizionata disponibilità.

Avevo fissato una riunione per i laureati cattolici, come preparazione alla solennità di Pentecoste, d’accordo con l’Assistente don Mario Corallo sul tema: “Meravigliosa umanità di Cristo”.

Al momento della riunione mi trovai in serie difficoltà perché don Mario non arrivava. Ed ecco che incontro don Ugo al quale feci presente quanto stava accadendo ed egli pronto, mi disse: vengo io. Subito tirò fuori una scaletta e da quella scaletta la sua parola fluì limpida e chiara. Aveva scelto un brano della 1a lettera di San Paolo ai Corinzi, cap.8; il versetto è questo: “Scientia inflat, caritas vere aedificat“.

Queste le parole che ci dettò:

“Vi sono di quelli che amano di sapere solo per sapere; ed è turpe curiosità.
Altri che desiderano di conoscere perché essi stessi siano conosciuti; ed è turpe vanità.
Ci sono di quelli che desiderano di sapere per vendere la loro scienza per denaro, per onore; ed è turpe mercimonio.
Ma ci sono anche di quelli che vogliono sapere, solo per edificare; ed è carità.
Ci sono di quelli che desiderano di sapere per essere edificati; ed è prudenza.
Che cosa produrrebbe la scienza senza la carità? Gonfierebbe.
Che cosa l’amore senza la scienza? Errerebbe.
Risplendere soltanto, è vano.
Ardere soltanto è poco.
Ardere e risplendere è perfetto”.

Aveva tolto queste espressioni meravigliose dal Sermone 36 sul Cantico dei Cantici di Bernardo di Chiaravalle e l’aveva dettato a noi. Un autentico dono per noi “laureati” chiamati perciò ad essere “guide” ed “esempio” nella società.

E qual migliore suggerimento per dare contenuto alla nostra preghiera in quella vigilia di Pentecoste: chiedere al Padre il “dono dello Spirito Santo”?
Gli chiesi di poter avere quella scaletta e la feci stampare sul retro di un’immaginetta raffigurante lo Spirito Santo.

Come era efficace e chiarissimo e suadente il suo “insegnare”, e sempre affettuoso e fraterno. E, a ciascuno il suo: al laico, a me con lui, la mia parte con occhio attento e comprensivo all’organizzazione.

Un testimone, ed io sono teste, non deve dare “giudizi”; deve solo narrare ciò che ha viso o sentito con i suoi occhi e con le sue orecchie. E quel che ho visto ho in sintesi detto.
Ma io ho visto ed ho sentito anche la sua “santità”.

“Dove abiti, Signore?”. “Vieni e vedi”. No, non sono m ai st ato a casa sua. Ma la casa in cui l’ho trovato è stata la Chiesa Cattedrale di Lecce… il suo confessionale al fondo della Chiesa e, in attesa dei penitenti, con il fascicolo di “Civiltà Cattolica”: “…non lo ripongo senza averlo prima letto e studiato tutto; prima che arrivi il successivo”.

L’ho trovato nella cappella di via S.Venera, “Cappellano eccellente” a ripetere continuamente a tutti i frequentatori del “palazzo” che là era il centro propulsore e animatore di tutto l’apostolato: dal Tabernacolo, come aveva scritto don Alberione, Gesù ripeteva a quanti andavano a prostrarglisi ai piedi: “Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo, di qui voglio illuminare”. E in quei momenti di raccoglimento e di preghiera sentivi realmente che “Cristo è sempre presente nella sua Chiesa… sia nella persona del ministro”, di don Ugo, sia soprattutto sotto le Specie Eucaristiche.

E l’ho sentito, nel nostro andare da una parrocchia all”altra, in quel parlare… “anima ad anima”: la sua umiltà splendeva in quel sapere essere amico saggio ed affettuosissimo con una dolcezza ed una tenerezza che la “severità” di cui ho detto non lasciava neppure immaginare.

Non finirò mai di ringraziare il Signore per avermelo fatto incontrare. Che io sappia essere testimone come egli voleva che fossimo quanti ci diciamo di Cristo.