Testimonianza di Reno Sacquegna

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“Ora del Salento”, n.3 del 27 gennaio 2001 (pag.4)

Una scuola di laici adulti e responsabili secondo il modello del Concilio Vaticano II

L’Azione Cattolica, il suo grande amore

“Mi sento meno in disagio, sapendo a quali mani sacerdotali passa il mio grande amore: l’Azione Cattolica”. In questa affermazione contenuta in una lettera del 1975 indirizzata a don Franco Mannarini, nominato nuovo Assistente Diocesano dell’ A.C. c’è tutto il senso del profondo rapporto tra don Ugo e l’Azione Cattolica, iniziato nel 1941, poco dopo la sua ordinazione sacerdotale e continuato fino alla morte. Rapporto ricco di significato con un’Associazione che gli aveva offerto l’occasione provvidenziale di fare More… subito la ricca esperienza di una paternità spiritual e vissuta come dono e di maturare la sua fiducia nei laici ruolo della Chiesa. Alcune sue ricorrenti riflessioni sull’ A.C. di cui abbiamo documenti dal 1945, sono frutto tanto dei suoi studi e della sua lettera quanto delle sue esperienze tra i giovani della GIAC e della G.F. ed anticipano chiaramente le acquisizioni ecclesiologiche del Vaticano II non solo sul piano concettuale, ma soprattutto nella quotidiana testimonianza del suo servizio.

La Lumen Gentium, la Gaudium et Spes e l’Apostolicam actuositatem confermano la convinzione di don Ugo che dalla collaborazione con l’apostolato gerarchico della Chiesa i laici dell’A.C. non solo come battezzati, ma per una loro specifica vocazione, devono passare all’esercizio delle corresponsabilità e maturare il senso delle partecipazione alla missione della Chiesa.
Può essere facile riconoscere il ruolo dei laici, è anche facile esortarli all’impegno, come accade ancora oggi, ma don Ugo non sa che questo non basta e si fa carico perciò della loro formazione dando il meglio di sè dall’Altare, dal Confessionale, nei Ritiri e negli Esercizi spirituali vissuti come cantieri dello Spirito Santo, negli incontri di catechesi, nelle “scuole di propoganda “, nello studio dei documenti conciliari e, soprattutto, nella direzione spirituale, ricca di ascolto empatico e di illuminato consiglio.

Questo spendersi nella formazione caratterizza il suo lungo e fecondo servizio nella GIAC e nella G.F. come Assistente generale della Giunta diocesana e poi dell’A.C. unitaria. Un servizio fondato sulla convinzione che dalla vita interiore scaturisce l’azione, dalla santificazione l’evangelizzazione, dall’ esperienza di Dio la testimonianza aperta e coraggiosa del Vangelo. “E’ un dovere che noi sacerdoti abbiamo – dive d.Ugo 1952 ad un sacerdote appena ordinato – verso quelle anime che nell’A.C. scoprono la loro vocazione, ma anche verso la Chiesa che di queste migliori energie ha bisogno per essere presente nel mondo.

Questo alimento spirituale don Ugo continua a dare anche negli anni difficili del post-Concilio, anni in cui l’associazionismo va in crisi e si esalta lo spontaneismo dei piccoli gruppi, e ancora negli anni in cui si elaborava il nuovo Statuto e si afferma una “scelta religiosa” , che don Ugo chiaramente intende ed interpreta non come chiusura nel tempio, non come rifugio nè come fuga dall’impegno storico, ma come spinta verso un’animazione cristiana delle realtà temporali.

Gli spazi della formazione sono pieni dei doni che scaturiscono dalla sua ricchezza spirituale e dalla profondità della sua dottrina, quelli, invece dell’organizzazione e della progettazione lo vedono sì presente ed attento, ma silenzioso, rispettoso della responsabilità dei laici, nella coscienza di aver dato loro le risorse cui attingere per un coerente ed efficace impegno associativo, ecclesiale e temporale.

Non è disponibile infatti a sostituirsi ai dirigenti o a prendere la parola al loro posto, soprattutto non si adopera per condurli a far propri i suoi progetti, insomma mette alla prova le loro capacità organizzative e verifica la loro maturità.

La sua A.C. è una scuola di laici adulti e responsabili, secondo il modello che egli aveva prefigurato nei primi anni del suo ministero e che poi il Vaticano II aveva chiaramente definito nei suoi più importanti documenti, forse troppo presto trascurati.

E l’A.C. infatti, è tornata ad afferrare “il nostro programma è il Concilio”. Mi piace immaginare che don Ugo, pur assorto nella contemplazione di Dio, segua ancora il suo “grande amore” e sorrida per questa scelta programmatica in cui lui ha creduto e che è ancora ricca di potenzialità innovative, di quelle immesse nel Concilio dallo Spirito Santo.

Reno Saquegna