Viatico di giovinezza

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Tutti e durante la vita abbiamo bisogno di viatico per conservare accrescere, riparare la nostra attività. Ma oltre la vita fisiologica, che abbisogna di cibo, c’è anche la nostra vita spirituale che si estrinseca nella intelligenza e nella volontà: ne è viatico la volontà e il bene.
Ma già dissi che in noi cristiani si accende una vita divina, partecipazione della stessa vita di Dio, destinata a crescere fino all’unione eterna con Lui… E questa vita divina abbisogna ancor essa di cibo, di viatico, viatico che se è ordinato principalmente alla nostra vita soprannaturale, per riflesso giova a rischiarare l’intelletto, a rafforzare la volontà, a temperare le passioni, sicchè tutto serva alle sublimi elevazioni della grazia.
Qual è questo viatico? Voi mi avete già inteso, o giovani: alludo all’Eucaristia, alla Comunione, alla manna celeste <<senza la qual per questo aspro deserto, a retro va chi più di gir s’affanna>>.
Tanto per intenderci, nè il Cristo ha istituito, nè la Chiesa ha confermato un sacramento esclusivo per i giovani. I sette sgorgati dal cuore di Cristo furono e sono per tutti. Pei giovani e pei vecchi, per quelli che sorridono alla vita e per quanti attendono il bacio di sorella morte… Per tutti insomma.
Ma l’esperienza e la prassi cristiana dicono a me, giovane, che vivo la mia giovinezza in mezzo ai giovani, esserci pure un Sacramento da chiamarsi, per antonomasia, dei giovani.
Il sacramento dell’Amore: l’Eucaristia.
Che cosa infatti è la giovinezza se non una soglia che dalla puerizia introduce alla virilità? Il piccolo passo che dobbiamo fare per scavalcare questa soglia racchiude il mistero dell’avvenire.
Il fanciullo affacciandosi a questo squarcio di vita che è tutto azzurro e sereno chiede un pane che gli dia forza coraggio, audacia. E la forza non sorge che dall’unico pane: l’Eucaristia.
Possente e insuperabile cibo per un’aspra quanto radiosa ascesa alle giogaie immacolate della purezza, alle solatie alture dell’apostolato giovanile, alle vette candide della perfezione cristiana.
Ed appunto un pane corroborante, un viatico di giovinezza io ti voglio indicare, o amico, nella candida ostia transustanziata nel corpo del Signore, che con tanta avidità domani riceverai dalle mani del sacerdote.

A – L’efficacia d’un Pane.
Fuoco centrale del Cristianesimo l’Eucaristia e dall’Eucaristia tutta la vita cristiana si colora; e ne promana, con la perenne freschezza, una somma di energie e una calda unità di cuori, alla cui origine altre fedi non sanno risalire, perché si son troppo discostate della Fonte… Il segreto è lì!
Umile, grezzo, primitivo, prezioso, adorno, artistico, ogni ictus di forza s’intona nel Tabernacolo. Come il sole che allarga i suoi raggi e nelle cose accende una gioia di luce nella tiepida voluttà del suo infinito pulviscolo d’oro, l’Eucaristia dispensa vita e calore. Gesù la sapeva questa festa d’Amore, la voleva questa convergenza di palpiti e per cogliere questo profumo di cuori restò… Là nel cenacolo, dove s’agitava nella prima Offerta, nella prima Consacrazione, nella prima Comunione, il desiderio eterno ed infinito d’un Dio che fa sua delizia l’abitare con i figli dell’uomo, Cristo dovette sentire dolcissimo, nella coscienza del vicino tradimento, il tributo d’adorazione dei secoli avvenire che stringeva intorno a Lui un nodo inscindibile di devozione e di lode…
Ma quello che dovette sentire maggiormente fu certo la sete angosciosa di esseri arsi, la fame insaziata delle turbe; fu la debolezza di povere creature straziate da passioni; fu la visione di martiri e di eroi bisognosi di un cibo quotidiano per non venire meno nei propositi che costano sangue; fu la visione del tuo languore di spirito, del tuo esaurimento nell’anima, della tua spossatezza o giovane…
Confessalo schietto: quante volte lo spirito nostro ha vissuto periodi vuoti e rilassati, assopito in un’apatia che atrofizzava le nostre migliori energie…
Forse fu l’abbandono della preghiera, una maggiore indulgenza verso la carne, certo l’incomprensione più o meno involontaria di quelli che sono i rimedi, i tonici ricostituenti dello spirito, primo tra questi il Sacramento Eucaristico. E quando allo spirito viene a mancare questo divino alimento, la vita fiorente è inconcepibile, per non dire impossibile… Fin qui sarebbe poco… ma scendiamo più basso, tra la massa comune della gioventù… della gioventù che conosce la Balaustra una sola volta all’anno – e anche questo più per tradizione che per convinzione – o peggio neanche una…
A che si riduce la vita di questi giovani, se veramente può chiamarsi vita?
Osservate: a scuola ci sentiamo ripetere a josa che l’uomo è un essere ragionevole, composto d’anima e di corpo e che la morte non è che la separazione delle due vite. Di conseguenza, la vita non è che la concorde armonia dello spirito con la materia, del corpo con l’anima. Vive il corpo, vive lo spirito e perciò vive l’uomo… così si parla di vita!
Il corpo lo facciamo vivere più lucullianamente che ci è possibile, e tante volte oltre i limiti della possibilità. Ma lo spirito: che languori, che anemie, che mortalità… Non parliamo di vita a coloro che assaggiano soltanto o mai degustano le delizie Eucaristiche, ché sarebbe errore… Manca loro il vital nutrimento. Vivacchiano, insomma. Sono degli stenterelli, direbbe il Carducci, sdilinquiti e sciupati. E si spiega. Il corpo che non riceve o non assimila il nutrimento s’esaurisce e soccombe, lo spirito intristisce e avvizzisce, segnando – nell’età preziosa – l’ora imminente d’ una precoce agonia.
Il loro spirito non vive, non può vivere, perché non mangia, e cibo dello spirito – ripeto – è l’Eucaristia.
Quante ostie consacrate in una chiesa, in una città, in una nazione. Ed ogni ostia aspetta un’anima: tante anime, tante ostie. Ed ogni ostia è una riserva inesauribile di grazie, doni, aiuti; ogni anima ne riceve con profusione incredibile, secondo le sue disposizioni e dopo aver divinizzati tanti cuori ne rimane ancora una provvista infinita, ce ne sarà per tutte le generazioni sino alla consumazione dei secoli…

B – Viatico di giovinezza.
Ma non basta: nella bianca ostia Cristo è rimasto come pane corroborante, ci è rimasto ancora come compagno di viaggio.
Se nascens…“: magnifica sintesi della redenzione, uscita dal cuore dell’Angelico e per questa strofa mirabile il nostro Manzoni diceva che avrebbe dato tutti i suoi inni sacri… Restò, perchè aveva desiderato con l’intensità d’un desiderio divino di mangiar la Pasqua con noi; perché non bastava al suo amor averci redenti e vigilare dall’alto all’applicazione incruenta della sua passione cruenta; perché non voleva che solo un popolo, il Palestinese, avesse avuto il beneficio della sua presenza fisica e reale, perché voleva essere la guida che conosce le insidie della roccia che avresti scalato.
Ricordate, o giovani, l’ode del Longfellow? …Su per l’erta d’un monte che la neve ha imbiancato come il capo d’un vecchio, ascende un giovane… Ascende cantando, con voce nutrita, una parola che spicca sul bianco vessillo che impugna: “Excelsior!” In alto, sempre più in alto. Nel cuore gli preme il desiderio di raggiungere la vetta, lontana, si, ma possibile; di prostrarsi sull’eterne nevi immacolate e baciarle con la dolce forte voluttà che l’animo sente quando, al cospetto dei sacri misteri della natura, l’investe una nuova passione: la passione di Dio presente… Ascende sudando, fatigando, dolorando: Mesto il fronte giovanile, divina – lampeggiava sott’esso la pupilla – come brando in uscir dalla guaina; e come tuba che argentina squilla – suonava alta la nota – di quella lingua ignota: “Excelsior!“… Gli arrise la meta, il vessillo fu issato sulla più alta cima svettante tra le nubi e garrisce tutt’ora come un monito.
Il giovane scalatore è il simbolo vivente della giovinezza cristiana. L’immacolata vetta che conquise il cuore del giovane è il vessillo radioso della purezza giovanile e con essa di tutto quel florilegio di piccole e grandi virtù che brillano caratterizzando la saggezza e la bontà dei nostri giovani.
Bisogna salire, ascendere, scalare.
La tua vita di giovane deve essere intessuta di conquiste.
La giovinezza è una fucina; la vita un fuoco: tu sei il ferro da arroventare, da battere, ribattere, forgiare. Il fuoco e il martello faranno di te un lavoro d’arte.
La giovinezza è un’ascesa; il monte è la virtù: tu sei lo scalatore. Ma non sei solo: anche tu hai la parola d’ordine excelsior?… Anche a te sorride un vessillo ch’è tutto candore, ch’è viatico nelle asprezze della salita, ch’è conforto nei cupi abbandoni del cuore, luce nelle tenebre della sera.
L’Eucaristia: vessillo di purezza, viatico di giovinezza.
Eucaristia e giovinezza sono i due soli che brillano sulla dolorosa vita dell’uomo, le due primavere che gli sorridono, e per questo il sacerdote ogni volta che accede all’altare a immolarvi l’agnello senza macchia, sente come sfaldarsi il corpo e ricrearsi lo spirito e alla prima come all’ultima messa non ripeterà che una stessa antifona: mi accosto all’altare di quel Dio che…
L’Eucaristia: perenne e immacolata primavera dello spirito; la giovinezza: fugace ma preziosa primavera della vita. In questi due cerchi luminosi il giovane si forma, s’incarna, si perfeziona nella vita con Cristo.
Gli ostacoli e le insidie che i sentieri fioriti della giovinezza gli tendono – è sempre il virgiliano “anguis in herba” – sono svelati dalla luce penetrante e atrofizzati dalla divina virtù Eucaristica. Scorti e intravisti si evitano e si combattono e, da mezzi di rovina e sfacelo morale, diventano soggetti di vittoria e di merito.
Tutti i giovani hanno vissuto lo spasimo e l’attrito dell’effervescenza giovanile. I più accorti hanno prevenuto e si sono immunizzati. I più ing enui e deboli furono sedotti, hanno poi rimediato. Ma nell’uno e nell’altro caso la forza l’hanno attinta alla Mensa Eucaristica. Hanno sentito urgere in se stessi il bisogno di questo divino alimento, l’hanno sospirato, l’hanno mangiato. E si sono fortificati. Eucaristia e giovinezza pura, santa e forte non possono separarsi.
Lorenzo il Magnifico nostalgicamente rievocando la giovinezza che sfugge come un soffio di vento, lasciando nel cuore la passione del ricordo, cantò con mestizia <<come …, ma sen fugge tuttavia, di doman…>>. Meditate, o giovani, questo verso: “di doman…”. O perate, dunque, e lavorate per la vostra formazione spirituale intanto che avete tempo.
E’ la giovinezza che getta le basi alla vita. La tua maturità sarà parallela alla giovinezza. Alfredo de Vigny, notissimo letterato francese, lasciò scritto che la vita è un grande pensiero della giovinezza messo in atto.
E’ tempo di semina: c’è un carattere da forgiare, una fede da rinvigorire, un ideale da raggiungere. Il cammino è irto di spine: dovrai insanguinarti i piedi, tagliuzzarti. Non importa.
Ricorda l’antico adagio latino: <<per aspera ad astra>>; e l’altro più espressivo: <<cum Cristo in cruce, cum Jesu in luce>>.
Ascendere. E’ troppo preziosa la giovinezza, per sciuparla cullandosi in un vuoto quietismo… quando non è disfattismo.
Costruire. In questa fatica d’ascensione, in questo duro lavoro di costruzione il Signore non t’abbandona.
Ti munisce d’un sacro viatico pei momenti di abbattimento e di delusione.
Ti dà un pane che ha virtù creatrice, l’Eucaristia.
Cammina, lavora nella fortezza di questo cibo: non rimarrai deluso.
Sazia il tuo sguardo nei candori della bianca Ostia, del bianco ideale dell’Eucaristia.
Apri la bocca non ai grumi e alle ghiande, ma alle soavità dell’Eucaristia.
Giovani, in queste brevissime conversazioni a sfondo assolutamente familiare, senza pretese, a ragione veduta più che da sacerdote ho voluto parlarvi da giovane per venire più facilmente a contatto con la vostra anima, per parlare con esperienza e perché vi convinciate che la giovinezza non è una sosta dolce e luminosa della vita, non un sogno che trattiene nei fioriti giardini di Armida, ma un periodo di fervida attività, concluderò il mio dire con una pagina del ciecoveggente di guerra C. Delcroix, tolta a Sette santi senza candele: <<La giovinezza come ogni mattino ha le sue ombre e come ogni festa il suo cruccio…>>.